1971 NASCE FORME NEL VERDE di Mario Guidotti

THE 1971 BIRTH OF THE FORME NEL VERDE by Mario Guidotti

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“Forme nel Verde” è il titolo che spontaneamente abbiamo concepito visitando uno dei parchi più conosciuti e più singolari d’Italia: la Villa Chigi a San Quirico d’Orcia, in provincia di Siena, lungo la Cassia. In quel mare di verde increspato dalle linee geometriche del tipico giardino all’italiana, in quella geometria di bosso e di alloro, di aiuole policrome, in quella creazione cinquecentesca che Diomede Leoni realizzò su disegno, pare, di Michelangelo, è inevitabile e rallegrante immaginare delle sculture concrete, espressione di un’arte contemporanea che, pur rifuggendo dall’accademismo e dal figurativo smaccato, affermi, tuttavia una sua concretezza e quindi una sua alternativa all’arte povera o gestuale tanto di moda in questi tempi.

(Intendiamoci: la mostra di San Quirico d’Orcia non nasce in polemica con l’arte povera e le sue similari, né intende confutare la vitalità di un negativo; soltanto proporsi come alternativa). Da un’idea della tarda primavera, è nata – dunque – la visione di Villa Chigi popolata di pezzi di quegli scultori che avessero risposto ad un invito particolare: l’invito a riaffermare la validità della scultura come quella forma d’arte che meno ha bisogno dei musei e più può guadagnare trovandosi all’aria aperta, in un giardino cinquecentesco come lungo un’autostrada, in un parco antico come in una stazione ferroviaria o addirittura in un’area di servizio, lungo una via cittadina o nell’interno di un padiglione industriale per catene di montaggio.

Gli scultori che hanno risposto al nostro appello, hanno anche capito lo spirito della nostra iniziativa: uscire dalla città, dai posti obbligati delle rassegne, dal chiuso delle correnti, delle organizzazioni, degli enti, delle disponibilità finanziarie. Andare incontro alla natura vera, alla campagna, a una piccola provincia non inquinata, al magrissimo bilancio di un comune proletario della Toscana più depressa e povera, un comune di duemila abitanti, dignitosissimo e tutt’altro che accattone, fiero del suo passato, della sua arte romanica, dei suoi pulpiti e dei suoi portali firmati da Giovanni Pisano, dei suoi affreschi e dei suoi polittici dei primitivi e dei trecentisti senesi; un paese di torri, di viuzze e di pietre, tuffato in un’oasi di verde, oasi a sua volta calata nel deserto cretaceo di una Val d’Orcia pliocenica.

Giovanni Pisano traeva qui le sue cariatidi da una pietra grigio rosa che si estrae nella zona; i nostri scultori lavorano in plexiglas, in ferro, in sostanze offerte dalla tecnologia, e anche in pietre e bronzi tradizionali. Non appartengono a correnti specifiche, a indirizzi univoci, a sette particolari. Si possono definire artisti concreti nel senso che in un modo o nell’altro ricorrono alla materia, genuina o elaborata magari chimicamente, e nel senso che le loro espressioni sono visibili e tangibili. Questo è l’unico loro comune denominatore. Sono romani (magari di adozione artistica) e toscani. Hanno accettato senza prospettive di guadagni critici o finanziari o pubblicitari, ma solo per incontrarsi in un luogo che ha certe prerogative e con certa gente che ne ha altre. Che poi il pubblico venga e i mass media se ne occupino (come se ne occuperanno) e i critici si interessino (come già mostrano di fare), è un altro discorso. Un discorso che nessuno respinge ma che tutti ritengono complementare e consequenziale, non pregiudiziale.

San Quirico d’Orcia, paese di civiltà senese apre le sue non metaforiche porte, senza fanatismi, ma tuttavia con entusiasmo e calore umano. La sua gente è composta di artigiani e agricoltori: semplice quindi ma non allo stato aurorale (e come potrebbe esserlo, data la confidenza quotidiana con una architettura e una urbanistica così penetranti e con una natura ancora così poco inquinata e violenta?).

Forme nel Verde” può essere un episodio non secondario nel calendario delle attività artistiche e sociali del 1971. E’ comunque un esperimento carico di intenzioni e privo di presunzione. Anche se non avesse seguito, sarebbe ugualmente da considerare legittimo.

Mario Guidotti

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“Forme nel Verde” (Forms in the Green) is the title we spontaneously conceived when we visited one of the most famous and unique parks in Italy: Villa Chigi in San Quirico d’Orcia, in the province of Siena, along the Cassia. In the sea of green rippled by the geometric lines of the typical Italian garden, in the geometry of boxwood and laurels of polychrome flowerbeds, in the sixteenth-century creation that Diomede Leoni made to Michelangelo‘s design, it is inevitable and encouraging to imagine concrete sculptures, expressions of contemporary art that, while escaping from academicism and unmapped figurative, affirms its concreteness and therefore its alternative to the poor or gestural art that is fashionable these days.

(Let’s be clear: the San Quirico d’Orcia exhibition is not born in controversy with Arte Povera and its similarities, nor does it intend to refute the vitality of a negative; only to propose itself as an alternative). From an idea in late spring, the Villa Chigi Vision was born – therefore – populated by pieces of the sculptors who had responded to a particular invitation: the invitation to reaffirm the validity of sculpture as a form of art does no need museums as much and can tolerate being in the open air, in a sixteenth-century garden as well as along a highway, in a park as old as a railway station or even in a service area, along a city street or in an industrial pavilion for assembly lines.

The sculptors who responded to our call also understood the spirit of our initiative: to leave the city, the obligatory places of the exhibitions, the closing of the currents, the organizations, the bodies, the financial resources. Going towards true nature, to the countryside, to a small unpolluted province, to the very small budget of a proletarian commune of the poorest and most depressed in Tuscany, a commune of two thousand inhabitants, very dignified and anything but beggars, proud of its past, of its Romanesque art, of its pulpits and its portals signed by Giovanni Pisano, of its frescoes and its polyptychs of the Sienese primitives and trecentists; a town of towers, alleys and stones, plunging into an oasis of greenery, descending into the Cretaceous desert of a Val d’Orcia Pliocene.

Giovanni Pisano drew his caryatids here from a grey-pink stone that is extracted in the area; our sculptors work in plexiglas, iron, in substances offered by technology, and also in traditional stones and bronzes. They do not belong to specific currents, to univocal addresses, or even to seven details. They can be defined as concrete artists in the sense that in one way or another they resort to matter, genuine or even chemically elaborated, and in the sense that their expressions are visible and tangible. This is their only common denominator. They are Roman (perhaps of artistic adoption) and Tuscan. They accepted without prospects of critical, financial, or promotional earnings, but only to meet in a place that has certain prerogatives and with certain people who have others. That the public come and the mass media will deal with it (how they will deal with it) and the critics are interested (as they already show they do), is another matter. A speech that no one rejects but that everyone considers complementary and consequential, not prejudicial.

San Quirico d’Orcia, a town of Sienese civilization, opens its non-metaphorical doors, without fanaticism, but nevertheless with enthusiasm and human warmth. Its people are made up of artisans and farmers: simple therefore but not in the auroral state (and how could it be, given the daily confidence in such penetrating architecture and urban planning and with a nature still so little polluted and violent?).

“Forme nel Verde” may be secondary in the calendar of the 1971 artistic and social activities. It is, however, an experiment full of intentions and without presumption. Even if it had not followed strict regulations, it would still be considered legitimate.

Mario Guidotti